L’aveva incontrata anni prima e per tutto il tempo da allora era diventata il centro della sua vita.
Probabilmente si erano già incrociati altre volte, in altri luoghi, in altri momenti, ma non avevano mai avuto modo di presentarsi, erano stati solo degli incontri fuggevoli, come al suo solito troppo distratto da altro per notarla, per capire, quel giorno di alcuni anni prima aveva smesso di piovere e per lui bastava, almeno credeva.
Aveva da poco abbandonato l’idea di una relazione con qualsiasi essere del sesso opposto, ed era in cerca di una serenità persa, niente donne troppo complicate. Poi improvvisamente eccola li ad accompagnarlo ovunque, aveva un odore sottile, un aspetto diverso da quello che ricordava, mai si sarebbe aspettato che gli sarebbe mancato proprio quell’ultimo giorno di pioggia.
Il temporale non sembrava voler smettere, quelli che sembravano non finire mai, tutto aveva odore di umido di vecchio, di un passato da cancellare, cambiava l'intensità o la direzione, ma i giorni erano scanditi dalle gocce che inesorabilmente e violentemente venivano giù. Lui la sentiva addosso, sotto pelle, nelle narici quella puzza umida non lo abbandonava, erano giorni di pioggia per lui più che per altri.
Andava avanti cercando di dimenticare e di ricominciare dedicandosi freneticamente al suo lavoro, che per’altro amava, e uscendo con gli amici.
Passava i giorni riempiendo i vuoti, aveva sempre fame aveva sempre freddo. Purtroppo, aveva dovuto scartare anche l’idea di un viaggio verso qualche paese esotico, non avendo soldi a disposizione, quei pochi bisognava difenderli, da quando aveva cambiato abitudini era sempre in bolletta.
Tutti questi presupposti furono i complici del suo incontro, un invito ad una cena a casa di amici, una decisione affrettata, una domanda che si pose troppo tardi. Quella sera era in completa balia degli eventi, non aveva previsto niente di tutto quello che gli stava per accadere, doveva scappare. Aveva poco tempo a disposizione ed una scusa più che plausibile da trovare ed utilizzare.
Il campanello, la dura verità, un suono che lo aveva fatto ripiombare nella tensione della prima volta, del primo appuntamento.
Ovviamente la risposta non tardò ad arrivare, purtroppo la classica fregatura, che in questo caso aveva un volto, una ragazza che aveva frequentato la sua stessa scuola e i sui ritrovi in anni diversi. Si era trasferita nel quartiere quando aveva tredici anni perché il padre aveva accettato un nuovo posto di lavoro. Fu un trasferimento lampo ed inaspettato con tanti amici da salutare dal finestrino di un Suv, da quell’arrivo improvviso ci mise poco a crearsi una vita e nuovi amici e a distanza di anni era li con un sorriso da togliere il fiato, lunghi capelli neri, una ragazza bellissima, con un eleganza fuori dal comune "Che peccato" disse entrando "sembra abbia smesso di piovere", ma lui non diede peso a quelle parole.
Dopo i saluti e le presentazioni si accomodarono a tavola, seduti e con il buon cibo tutto sembrava più facile.
Ma come in tutte le storie c’era ancora qualcosa in serbo, nascoste tra le righe, quelle scritte in piccolo, purtroppo lui quella sera non aveva gli occhiali da lettura e si affidò della buona sorte
A fine serata lei gli chiese di accompagnarla a casa, perché aveva bevuto un po’ troppo e non voleva guidare. “Ti porterei ovunque” pensò lui, ma evitò di parlare le fece solo un gesto di assenso e si alzò.
Rimasero in silenzio tutto il tempo fino a quando arrivarono a destinazione.
“Sei un ragazzo splendido” ammise lei con gli occhi bassi, “non so nemmeno perché te lo dico, ma volevo farlo” continuò a dire, lui rimase in silenzio, stordito da quelle parole inattese, poi lei lo guardò dolcemente, aprì la portiera, ed usci. Solo in quel momento vedendola andar via si decise. “Ci vediamo domani” disse “solo se ti va?” aggiunse con voce tremante. “Domani? Si Domani va bene, ti aspetto alle otto qui.” rispose lei, poi sparì nel palazzo.
I due si iniziarono ad incontrare sempre più spesso, gli abbracci e le carezze rubate si trasformarono in qualcosa in più ed arrivò anche il primo bacio.
Nessuno dei due era pronto a tanto, i loro incontri erano impostati sulla conversazione e sulla conoscenza, e quel bacio avrebbe potuto rovinare tutto. Stavano ballando al ritmo di una musica lenta e come nelle più banali situazioni nel voltarsi incrociarono i loro occhi languidi, si sfiorarono il naso e si baciarono delicatamente come due scolaretti, labbra contro labbra. Gli sguardi di imbarazzo che ne seguirono erano il segnale di un momento rubato al caso, e niente più.
Tornarono a sedersi rapidamente e cercarono di riprendere la normale conversazione, ma non era facile, soprattutto perché sapevano cosa era successo. Lui provò a scusarsi definendo quell’attimo solo uno sbaglio, in realtà lo voleva da tempo, dal primo giorno e sperava ardentemente che anche per lei fosse la stessa cosa.
Passarono alcuni anni che gli si appiccicarono addosso rendendolo convinto che tutto si potesse fare, anche fare una passeggiata sotto la pioggia facendo finta di aver dimenticato l’ombrello a casa. Lei adorava la pioggia e lui amava lei, il resto era contorno. I baci divennero normali, come gli abbracci e quella ritrovata intimità fisica che rendeva tutto naturale. La pioggia smise di essere un problema per lui, gli odori un tempo fastidiosi divennero fragranze d’amore, la sentiva nelle gocce e aspettava il suo arrivo come le piante attendono l’acqua. Poi arrivò la sera della telefona.
“Non dire niente so cosa pensi!” incominciò a dire “Da quando ti ho visto, il mio cervello ha smesso di funzionare, di contorcersi e di arrovellarsi, scoprendo in tua compagnia il segreto delle piccole cose, di una buona notte stanca, di un bacio rubato, di una scusa banale, come - il non volevo -. Ho iniziato a sorridere anche di un attimo di silenzio passato con te in macchina, ed ho sorriso di nuovo alle sei del mattino, perdendomi per la strada che mille volte avevo fatto, sentendomi piccola piccola, ma felice di averti incontrato. Per degli occhi troppo espressivi, per uno sguardo strano, che fa nascere quella sfida che mai nessuno vorrebbe affrontare, per quell’atteggiamento misterioso, racchiuso in una pseudo corazza non così dura e alla fine anche sincera, e così finalmente felice.”
La sua voce cambiò era arrivata la notizia doveva partire di li a poco, l’occasione della sua vita disse, lui capì, non riuscì a dire una parola, era il suo addio.
Nel tempo, iniziarono a sentirsi sempre meno, i weekend divennero rari, gli incontri un miraggio, fino a che il telefono rimase muto.
“Meglio così” pensò distrutto. Le ultime telefonate erano ricche di rancore e di vana speranza, sapevano entrambi che non sarebbe mai tornata indietro, l’offerta che la società gli aveva fatto era ciò che di meglio gli poteva capitare, e le loro parole servivano solo ad allungare l’agonia. La vide partire per l’ultima volta, poi nulla più.
Dopo due mesi gli arrivò una lettera, per lui un pugno, l’ennesimo. Lei non esisteva più ma quella lettera la riporto indietro un’altra volta,
- Le parole sono fatte di malintesi. - Era scritto.
- quando ti ho conosciuto sembravi troppo lontano, distante da me, da qualsiasi cosa ti circondasse e solo dopo giorni eri riuscito ad avvicinarti, non che io ti abbia mai cacciato, ma ero certa di non aver fatto niente per invogliarti e seduta ad un tavolo ti ho ascoltato, così come ti ho ascoltato dall’altra parte del capo del telefono, ho amato ogni tua frase e non mia dimenticato niente.
Ho udito le tue parole, parole piene di speranza e di gioia allora, parole vuote, senza alcun senso, fatte per far male ora, parole troppo lontane per essere capite e per essere accettate, io ti porto con me sempre, tu mi hai abbandonato da qualche parte, avresti potuto provare a stare qui con me, ma sarebbe stato troppo difficile per te non mi hai mai detto quello che provavi, non ti ho mai sentito dire ti amo, hai solo accettato che le cose accadessero, poi ho smesso di chiedere e mi sono fermata.
Ho imparato con te il segreto del silenzio ed oggi sarà quella la mia ultima parola.”
Era andata cosi
Rilesse quella lettera cento volte e forse più, nella sua mente non riusciva a pensare a lei come in quei giorni che gli sembravano eterni, ma alle parole stesse che aveva usato, non aveva torto ma si sentiva ugualmente imbrogliato dalla consuetudine, la stessa che fa muovere la penna alle ragazze mentre scrivono sui diari, parole bellissime, uguali alle altre, ma sempre nuove, poesie degne di scrittori, cariche di un sentimento forse solo troppo acerbo per essere cosi sicuro.
Un urlo usci dal suo petto, un tuono si udì in lontananza, alzò la testa, iniziò a sentire un suono antico, si avvicinò alla finestra, stava piovendo.