Ogni lineamento del corpo, ogni imperfezione del viso sono la risposta ad ogni pensiero, sogno o desiderio infranto nel tempo, le rughe inattese dalla sua giovane età un marchio indelebile nel suo incedere lento, stanco, continuo, la chioma già bianca e grigia appoggiata come un mantello sulle spalle curve, snelle, delicate sacrificate da un peso ingiusto, la pioggia che le cade addosso, un altro peso sulla sua anima ormai malata, non la sente non importa va oltre
Chi la incontra non chiede, non fa domande, si ferma e aspetta, sorride e nient'altro, un impercettibile moviemnto del capo, sospira, ricorda ciò che era poi riprende il cammino e dimentica in un respiro, i suoi occhi spenti da tempo non colgono le poche attenzioni, quel vago rispetto quasi una beffa, la memoria vorrebbe mandare segnali impulsi di vita ma la realtà rifiuta ogni gesto educato e vola oltre le giustificazioni,
bagnata cammina a fatica, la pioggia aumenta, il dolore anche, le scarpe basse, consumate, gli abiti smessi, stinti, ma di buona fattura a ricordo di cos'era di chi era in un'altra vita, una passata, forse mai vissuta, sicuramente andata, la coprono, la nascondono in bella vista, poi si ferma davanti una vetrina, poggia la mano sul vetro, le gocce scivolano via, scappano frenetiche, le sente sotto il palmo, non riesce ad impedire il loro cadere, trovano una strada le girono attorno, lei no è ferma guarda attraverso se stessa ciò che le aspetta, poi fa l'ultimo passo si avvicina alla porta ed entra. "Buongiorno"
In lontananza un tuono fa tremare i vetri, lei non lo sente ne avverte solo la vibrazione, resta immobile perchè come al solito è trafitta, colpita da un grugnito per risposta, un verso, uno squallido suono che arriva dal profondo della palude, fango, melma, che proviene dal petto di un uomo grosso, grasso, sudato, un orco con zanne per denti, dalla bocca un odore fetido, un puzzo nauseabondo che inquina le stessa parole, che distorce, rompe, mortifica
Si avvicina, con un ghigno che taglia il viso in due, e poco altro, occhi piccoli inespressivi la fronte spaziosa e rugosa, il sudore imprigionato nelle stesse pieghe, solchi, righe, le dita tozze, sudate, sporche poggiate sui fianchi, in attesa di agire, ora lei è dentro, la pioggia un ricordo, il mostro una certezza, il destino una sofferenza, nella strada l'acqua forma un piccolo ruscello e sparisce nei tombini, nelle buche dei marciapiedi, le fogne attendono, anche l'orco, poi un passo
Non un attimo di esitazione, di dubbio, di rispetto, l’ombra lo precede, senza discrezione avvolge, assale, copre in quel buio che non aspetti, avanza superbo consapevole della posizione, del potere che esercita, poi si ferma, la guarda, osserva ogni centimetro del suo essere, la fissa con attenzione poi il ghigno sparisce, si sposta, si allontana, ma l’ombra non si dissolve. "Buongiorno?" dice provocatorio, in quella lingua contorta, antica, morta. Per molti l’inizio di una tragica storia, per altri la fine di un dramma, per lei solo la vita che le resta
Come un fantasma lei ci passa attraverso come aveva già fatto, come faceva da anni non bada al tanfo e si dirige verso il bancone, l'ombra sparisce, almeno per il momento non la segue in quell'angolo spento della sala, del suo nuovo castello, toglie la mantella zuppa, la poggia sull'attaccapanni, si guarda attorno in cerca di un sollievo, di un momento tranquillo, si asciuga il viso con uno straccio, alza lo sguardo, non è cambiato niente "fose meglio cosi" pensa non c'è limite al peggio
"Fuori piove" gli dice con un filo di voce, poi si ferma in attesa di una risposta, giusto un attimo, poi allunga la mano per afferrare la scopa ed iniziare la sua danza, attende ancora un istante parole dal tratto umano "che vuoi che mi importi!" replica tra i denti il gigante che non si degna nemmeno di girarsi troppo intento nel suo far nulla, il fantasma si pente ancora una volta e ancora una volta comincia a volteggiare in compagnia del suo amato.
Solo sogni, visioni, ricordi, gesti condizionati da un passato, la mente che vaga tra le brutture, si muove tre la polvere, tra gli scaffali e lo sporco che la circonda, che la riempie che la rande infelice, mille domande la seguono, sente il suono inconfondibile della pioggia una musica che risuona nelle orecchie, un valzer una domanda in particolare il suo mantra, ma la riporta non arriva, non esiste, non la raggiunge
A raggiungerla invece gli occhi del mostro, fermo, sospeso dall’altra parte del mondo, in un luogo lontano da quella ragazza almeno per po,’ distante dai suoi sogni, impaziente di ridestarla, di riportarla alla realtà, il ghigno torna sul viso ancora più malefico di prima, già pregusta l’attimo, il momento esatto in cui lei inciamperà nella verità di quei giorni, aspetta non và di fretta il tempo è dalla sua parte
poi avanza, ogni passo un sussulto nascosto dalla sua mole dal suo incedere goffo, ondeggia le braccia come canne al vento, si ferma le si pone d’avanti, l’ombra è tornata lei ci sbatte contro, la scopa le cade dalle mani il principe svanisce senza salutare, nemmeno un ciao, nel buio l’odore acre della morte, l’orco la divora, la ingoia, poi la sputa e la lascia per terra lei muore ancora una volta, come tante altre, chiede scusa con gli occhi spaventati poi si alza, "stai più attenta" le grunnisce, lei raccoglie la scopa e finisce di pulire.
Il gigante si allontana con quel suo movimento innaturale, insolito, scomposto, è soddisfatto della sua azione si sente forte vittorioso, passo dopo passo si porta dietro la paura, l’angoscia, l’orrore, che lo ha creato, quella sua seconda pelle quel rivestimento marcio che lo ricopre e lo asseconda, e lo accompagna e lo precede, lei riprende fiato si guarda attorno tutto tace nella sua testa non c’è più musica. Fuori piove, ma la tempesta è dentro di lei, il sole un giorno tornerà da qualche parte, la luce non la raggiungerà più il futuro è già passato. "Fai presto c'è molto da fare" le intima
I sogni spariscono, l'abbandonano, si dileguano rimane sola come sempre mai come vorrebbe perchè il principe è andato schiaccaito da una caduta imprevista, ma l'orco rimane, quel uomo misero, grasso, sudato e lei lo sente, avverte la sua presenza, quegli occhi inespressivi, quella bocca serrata, quell'ombra che la segue e quell'odore che gli si appiccica addosso "ho quasi finito" risponde spaventata da un tuono che arriva deciso, questa volta nel silenzio lo sente tutto. Fuori deve esserci un diluvio, ma è dentro a non trovare ripari.
E' stanca, alza la testa e riprende fiato, si scuote come a levarsi di dosso qualcosa, si mette le mani in viso, sente i lineamenti sotto le dita scarne, avverte il profilo cambiato, si stupisce per ogni imperfezione, ruga, incavo, una lacrima prova ad uscire, una goccia di pioggia cerca di evadere, cerca una strada verso la libertà, quella vera, sincera, la ricaccia dentro, la ingoia, la respinge, sul bancone un oggetto luccica in tutto il suo potere, basta chiedere perdono
Piega la testa, allunga il braccio ed afferra la lama, la nasconde dietro la schiena e si sposta al centro della stanza, l'accarezza lentamente, fredda, liscia, perfetta, come era lei un tempo, come doveva essere, osserva il mostro dall'altra parte, ma il suo sguardo va oltre, lo supera attraversa la pelle, la carne le ossa, l'ombra non la ostacola l'orco si ferma come colpito, percosso, pestato da mani invisibili
Si sente trafitto da parte a parte, cade delle sue certezze, da quel muro che aveva alzato cosi alto inospitale duro, una vibrazione, un onda, un fremito lo assale, una goccia di sudore percorre l’enorme fronte per terminare sul viso butterato, una lacrima trasparente rovescia una diga imponente come onda su di un sasso, un dubbio sul viso per un attimo lo annienta
Lascia il suo angolo, incuriosito la raggiunge, alto, enorme, rozzo niente smorfie solo stupore sul suo viso, poi quando le sta vicina e la copre la sovrasta la mortifica, ride spavaldo, si sente superiore, maestoso, le braccia alte ad aumentare la sua figura, è pronto a colpirla, una montagna che le può franare addosso in qualsiasi momento, quel ghigno compare ancora una volta, ma lei non si spaventa, l’ombra non l’avvolge, alza gli occhi e colpisce con tutta la forza che le resta
Il coltello finisce nel petto, il mostro smette di ridere, abbassa le braccia lentamente, stupito guarda il fantasma, la ragazza sorride, un rivolo di sangue scorre lentamente sul corpo, poi per terra poi ancora più giù, negli abissi più profondi, nei crateri degli inferi più nascosti, gocce di sangue che si mescolano alle lacrime più sincere, l’orco fa un passo indietro, barcolla ma non cade, il principe torna si china afferra l’amata prima che schianti sul pavimento, la lama ancora lucente nel suo petto squarciato, finalmente viva raggiunge il suo castello
Si desta sorpresa, confusa, spaventata, dall’altra parte del vetro un mondo che non le appartiene, non è suo, non ha futuro, l’orco la aspetta, fa un passo in dietro mette a fuoco, vede la sua immagine riflessa, allunga la mano l’accarezza, fa scorre le dita lentamente l’ungo quell’immagine seguendo i lineamenti, poi si ferma, abbassa la testa controlla il vestito e le scarpe poi si gira e si allontana la pioggia cade più lenta, un delicato venticello accompagna il suo incedere, si sente stranamente più leggera, ad ogni passo una speranza
Non conosce ne la meta, ne la direzione, tantomeno la distanza, ma cammina, ha negli occhi ancora impresso il luogo, il momento, l’attimo da dove è partita, avanza lenta tra la gente, il solito rituale che si ripete, lei sorride, questa volta li vede, osserva ciò che accade attorno, ringrazia con un cenno e prosegue cerca un riparo, poi pensa che non c'è niente da cui difendersi, lacrime e acqua si uniscono nel suo destino, nel suo passato
Il suo sguardo cade su di una figura stesa sul ciglio della strada, gli altri non ci badano, vanno oltre, la scavalcano, la evitano, la scansano, altri orchi in giro per le strade, lei si avvicina si china, allunga la mano la scuote, l’ombra in carne e ossa si gira per un momento, il viso incredulo, liscio, delicato, completo, poi torna a nascondersi, smette di piovere, lei se ne accorge, guarda in alto tra le nuvole un raggio di sole filtra timido, caldo, vivo, si volta nuovamente verso quella figura, quel ragazzo bello, solo silenzioso, gli regala un sorriso, non ha altro, gli dona tutto quello che possiede "Buongiorno" gli dice
Il giovane come colto da un dubbio si rialza e la fissa negli occhi, poi senza aspettare oltre risponde “buongiorno a te” la voce tremante, stupita, solare trasmette emozioni. “ti stavo aspettando” le dice, poi si alza in tutto il suo splendore, lei lo accompagna in quel movimento, avvicina il viso si sfiorano, poi le poggia la mano sul viso la fa scorrere con il dorso lentamente accarezzandola con le dita, le tocca le labbra, poi senza dire altro, la bacia
I due sono un corpo solo, unici, perfetti, luce che scaccia il buio più nero, gioia, colore, semplicità il principe la tira a se, la stringe, la regge con forza, eleganza, passione, di quella pura che lei aveva ormai dimenticato, perduto, lasciato in punto in un momento lontano del suo incedere, del suo vagare, si lascia andare, cede ad ogni istinto più vero e si riempie di vita carica di sentimento
Lungo la strada i passanti non badano a quello che accade, sorvolano, camminano distratti, quelle due figure non destano ne interesse, ne attenzione, solo un bambino per un istante si ferma, blocca il suo ondeggiare, paralizzato piange poi si gira, con gli occhi cerca la mano del padre, la stringe con forza, l’uomo senza capire lo tira a se e lo abbraccia forte, poi gli asciuga le lacrime e senza dire altro lo porta via, un’ombra scura avvolge i due giovani, lei sorride, con gli occhi chiusi sogna il suo principe, mentre sul volto del ragazzo un ghigno gli taglia in due il viso ed una goccia di sudore gli scivola via lungo la fronte. il sole sparisce riprende a piovere
(di Danilo Di Pinto)
disegni di Ory