Nello studio di casa o – come il piccolo Josef a bassa voce aveva rinominato – nella “stanza della noia”, il bimbo, in compagnia del padre, stava facendo i compiti. Nella stanza c’erano una enorme scrivania e due grandi scaffali pieni di libri, ovvero gli strumenti di tortura dai quali Josef sarebbe voluto fuggire a gambe levate, ma, come diceva sempre la mamma, “prima il dovere e poi il piacere” e, finché non avesse finito i compiti, non si sarebbe potuto muovere: insomma, si sentiva in trappola. In quella stanza era stato proibito l’accesso anche a Giordy, il suo più fedele amico e alleato nelle fughe e nei giochi, perché durante lo studio – purtroppo per lui – i genitori lo ritenevano una distrazione.
Josef non aveva poi tanto da fare: numeri, tabelline e piccole frasi da leggere e scrivere erano poca cosa in confronto ai compiti che faceva la cugina. Infatti, un giorno in cui si era recato al castello per giocare con la principessa, fu costretto ad aspettare che Cristy finisse i compiti, ovviamente un tempo interminabile per lui mentre la sentiva leggere e ripetere ad alta voce tante cose strane che lui non capiva: sembrava parlasse un’altra lingua, magari lo era pure, ma Josef era certo che fosse solo un inutile spreco di tempo.
Quel giorno però i compiti toccavano a lui e non ne era affatto contento, per giunta poi ogni tanto sentiva che qualcuno grattava alla porta, “chi sa chi sarà?” pensava ridendo e subito dopo il grattare seguivano dei piccoli guaiti di protesta: doveva essere sicuramente Giordy che era venuto a salvarlo, ma il papà era deciso a fargli finire i compiti assegnati e, ogni volta che Josef si voltava verso la porta, gli chiedeva di girarsi nuovamente e di concentrarsi sullo studio.
Dopo un po’, quasi per resa, vedendo che il figlio non stava più collaborando, il padre apri la porta dello studio e si trovò il cucciolo di bolognese seduto in attesa di poter entrare. Giordy era un cagnolino molto vivace, ma sapeva bene che senza permesso non gli era concesso di entrare. A quel punto gli venne un’idea, fece un enorme sorriso al cucciolo, che gradi iniziando a scodinzolare e a fare le feste e subito dopo gli fece cenno di entrare. Che grande soddisfazione doveva essere per Giordy entrare in quella stanza! Il suo amico a due zampe era seduto su di una sedia a pochi metri, ma, a differenza delle altre volte, non fece una corsa per raggiungerlo, ma decise di camminare lentamente, in forma di rispetto di quel luogo.
Arrivato da Josef, iniziò a leccarlo e a fargli le feste: i due erano proprio inseparabili, sembrava che non si vedessero da giorni, ma in realtà erano trascorsi poco più di 30 minuti, 30 lunghissimi minuti avrebbe detto il bimbo, ma ora era tutto finito e poteva finalmente scappare. In realtà, però, il padre non si era del tutto arreso: i compiti andavano finiti e tutti i bambini devono completarli, ed infatti gli aveva solamente concesso qualche minuto di distrazione. Josef, comprendendo la situazione, si sistemò nuovamente sulla sedia e tirò fuori il più dolce e triste broncio da bimbo disperato che conosceva, roba da far intristire chiunque, ma che non aveva scalfito minimamente il padre che, al contrario, conosceva molto bene il piccolo attore e le armi che usava.
Quindi, senza attendere altro tempo, prese dallo scaffale un grosso libro che si trovava sulla parte alta di una delle due librerie. Il librone dalla copertina verde era pieno di polvere e quindi il padre fu costretto prima a soffiarci sopra e poi a passarci la mano per dare una pulita: ovviamente tutta quella polvere fece starnutire tutti compreso Giordy, che ne fece ben tre consecutivi facendo ridere i presenti. Il cucciolo si accoccolò ed iniziò a passarsi le zampe sul muso fino a quando ebbe ripreso il controllo, non prima però di fare il quarto starnuto.
Finite le risate, Josef, incuriosito da questo librone lo aprì aspettandosi di trovare milioni di parole incomprensibili, ma il suo stupore fu enorme nello scoprire che le cose erano decisamente diverse. Il Tomo, cosi lo chiamava curiosamente il padre, una volta aperto fece uscire in rilievo una montagna con tanti animali, ai lati dei quali c’erano delle spiegazioni brevi e scritte in lettere grandi e chiare. Girando la pagina, il paesaggio cambiava, ed ad ogni pagina un mondo diverso gli si parava davanti: un vulcano, l’immenso oceano con i suoi tesori nascosti, la luna, i pianeti e il mondo con i dinosauri, tutte immagini che sbucavano fuori creando cosi un effetto meraviglioso.
Girando le pagine si fermò incuriosito ad ammirare la grande costruzione che venne fuori: era il Colosseo ai tempi degli antichi romani con bighe, gladiatori e i soldati, i famosi centurioni romani. In quel momento fu travolto dalla sua immaginazione in un secondo fu proiettato nel libro in compagnia di Giordy, che per fortuna aveva finalmente smesso di starnutire.
Josef restò per alcuni secondi a bocca aperta perché il paesaggio che gli si presentava davanti gli occhi era così diverso da quello che era abituato a vedere che non riusciva a capire dove fosse finito ed anche Giordy, per la prima volta, sembrava completamente spaesato, e il suo naturale scodinzolare era più lento del solito, fino a quando la loro attenzione fu colpita da una bambina che si trovava a pochi passi da loro.
Indossava una tunica bianca con una piccola cintura di corda marrone e dei sandali ai piedi. Sembrava vestita in maschera per il carnevale – pensò subito Josef – ma guardando attorno l’abbigliamento di tutti gli altri, si accorse che forse, con i suoi pantaloni e la maglietta corta, era lui quello vestito in modo strano. Comunque si avvicinò alla bambina cercando di capire dove si trovasse veramente. “Ciao mi chiamo Josef” – le disse una volta che l’ebbe raggiunta – ma la bambina lo guardò attentamente e senza rispondere fece come per andarsene, poi si fermò di colpo perché, osservandolo meglio, si era accorta che nascosto dietro le sue gambe c’era un piccolo cucciolo bianco.
Quindi si abbassò sulle gambe per accarezzarlo, ma il cagnolino si accucciò incerto su cosa fare. “Si chiama Giordy” – disse Josef vedendo la situazione – quindi la bambina allungò la mano e lo chiamò dolcemente, il piccolo bolognese bianco quindi avvicinò il musetto ed iniziò a leccarle la dita e pensò che sapevano di frutta. pesò. La bimba iniziò a ridere per il solletico, poi quasi in lacrime dal divertimento, si tirò su in piedi “mi chiamo Maria” disse con la stessa dolcezza di prima, Josef quindi allungo la mano in segno di amicizia.
“Scusa te se lo chiedo” continuò il bimbo “ma ci siamo persi e non sappiamo dove ci troviamo. Ci puoi aiutare?” Maria fece un altro sorriso e rispose “si vede che non sei di qui, sei vestito in modo proprio strano. Comunque anche se ti sei perso, non puoi non conoscere questa città, ti trovi a Roma” Josef a quel punto capì cosa fosse successo: doveva essere entrato nel libro, ma ora era meglio tornare indietro, quindi salutò la bimba e si incamminò verso il vialetto.
A quel punto Maria lo fermò dicendo: “Aspetta! Mia madre mi ha mandato al mercato con delle monete per comprare della frutta, ma io non so come fare, non so fare i conti e non vorrei che mi imbrogliassero, ti va di darmi una mano?” Josef non era proprio un maestro, ma decise ugualmente di aiutarla, nonostante Giordy sembrasse contrario perché sapeva quanto il suo amico a due zampe fosse imbranato con i numeri, perché la verità era che non voleva lasciare quella bimba sola soletta.
Arrivati al mercato, videro che al banco della frutta su ogni cesta c’era il prezzo segnato sopra, quindi prima di ordinare iniziarono a fare i conti con le dita. Dovevano comprare delle mele e dell’uva e sulla cesta c’era scritto che tre mele costavano una moneta e 2 grappoli d’uva ne costavano mezza, quindi, avendo 3 monete nelle tasche, presero 6 mele e quattro rametti d’uva. Quando Maria pagò la signora del banco, questa le chiese 4 monete, lasciando la bambina interdetta perché non possedeva tutti quei soldi, ma quando Josef fece nuovamente i conti, la signora capì di aver sbagliato e si scusò, regalando loro una gran bella pera per farsi perdonale. Maria la accettò con un gran sorriso.
Finita la spesa, Josef salutò nuovamente Maria e, in compagna del suo fedele amico, tornò a casa. La bimba ringraziò quel nuovo amico e lui rispose che quando avesse voluto sarebbe stato felice di accoglierla a casa sua, così le avrebbe fatto conoscere anche i suoi genitori.
Una volta tornato a casa, Josef chiese al padre di fare altri compiti perché voleva imparare bene le tabelline e tutte le operazioni: il padre, incredulo ma felice, iniziò con degli esercizi facili, non aveva mai visto il figlio tanto determinato e ne restò piacevolmente sorpreso. Nella mente di Josef continuava ad apparire il volto preoccupato della piccola Maria e la consapevolezza dei problemi che posso sorgere quando non si sanno fare le cose, anche quelle così semplici per altri.
Quando tornò a casa, la madre fu stupita nel vedere che padre e figlio erano ancora nello studio per i compiti e quasi svenne nel sentire che era stato proprio Josef a volerne fare di più di quelli assegnati, quindi, per premio, preparò una buonissima cena che il figlio divorò istantaneamente, poi ringraziò e si alzò per andare in camera sua. Josef era molto stanco, infatti voleva solo lavarsi i denti e mettersi il pigiama per andare a dormire, ma uscendo dalla sala da pranzo vide però una cosa che lo colpì: sul tavolo della cucina c’era una piccola pera. “Oggi ero al mercato ed una signora me l’ha regalata,” disse la madre mentre gli faceva l’occhiolino, poi lo esortò ad andare a prepararsi per la notte. Ora era veramente tardi.
Buona notte
di (Danilo Di Pinto)
disegni di Ory